AMMINISTRATORE / DIPENDENTE: L’INPS SI “ADEGUA” ALLA GIURISPRUDENZA

( Fisco e Diritto d’Impresa )

AMMINISTRATORE / DIPENDENTE: L’INPS SI “ADEGUA” ALLA GIURISPRUDENZA

Recentemente l’INPS ha “recepito” una serie di principi sanciti dalla Corte di Cassazione in numerose sentenze in merito alla compatibilità della carica di amministratore di società di capitali e al contestuale status di lavoratore subordinato della medesima

L’INPS, con il Messaggio 17.9.2019 n. 3359, riconosce la compatibilità tra la carica di Presidente /amministratore/consigliere delegato e un rapporto di lavoro subordinato, precisando le condizioni necessarie a legittimare, in capo alla stessa persona, il ruolo di amministratore e lavoratore dipendente della società.

In sintesi, l’INPS individua le seguenti condizioni:

  • il potere deliberativo deve essere affidato all’organo collegiale di amministrazione della società nel suo complesso / altro organo sociale espressione della volontà imprenditoriale il quale esercita un potere esterno;
  • sussistenza della prova di un vincolo di subordinazione, ossia l’assoggettamento del lavoratore al potere di supremazia gerarchica di un altro soggetto / organo, nonostante la carica sociale ricoperta dallo stesso;
  • il soggetto deve svolgere concretamente mansioni estranee al rapporto organico con la società.

CARICA SOCIALE RICOPERTA E RUOLO ALL’INTERNO DELLA SOCIETÀ

A partire dagli anni ‘90, la giurisprudenza ha sancito che, astrattamente, lo svolgimento dell’attività di amministrazione di una società di capitali non esclude la configurabilità di un rapporto di lavoro subordinato. In particolare, nella sentenza 28.5.2014, n. 18476 la Corte di Cassazione ha ribadito che “l’essere organo di una persona giuridica di per sé non osta alla possibilità di configurare tra la persona giuridica stessa ed il suddetto organo un rapporto di lavoro subordinato, quando in tale rapporto sussistano le caratteristiche dell’assoggettamento, nonostante la carica sociale, al potere direttivo, di controllo e disciplinare dell’organo di amministrazione dell’ente”.

Con il Messaggio n. 3359 l’INPS ha “recepito” tale posizione evidenziando le condizioni necessarie per la compatibilità in esame (come già individuate in una serie di sentenze della Corte di Cassazione).

In particolare, è stata analizzata la compatibilità di specifiche cariche societarie con il vincolo di lavoro subordinato.

  • PRESIDENTE: La carica di Presidente di una società di capitali non è da considerare, in sé, incompatibile con lo status di lavoratore subordinato in quanto anche il Presidente, come qualsiasi membro del Consiglio di amministrazione, può essere soggetto a direttive / decisioni / controlli dell’organo collegiale. Tale compatibilità permane anche nel caso in cui al Presidente venga conferito il potere di rappresentanza, in quanto lo stesso non comporta automaticamente il riconoscimento di poteri deliberativi. Sul punto, l’INPS richiama quanto sancito dalla Corte di Cassazione nella sentenza 7.3.96, n. 1793 secondo cui è: “escluso che alla riconoscibilità di un rapporto di lavoro subordinato sia di ostacolo la mera qualità di rappresentante legale della società, come presidente di essa”. Merita evidenziare che tale conclusione risulta in linea con l’art. 2381, C.c., il quale non prevede, in capo al Presidente del Consiglio di amministrazione, poteri amministrativi, ma di:
  • convocazione del Consiglio di amministrazione;
  • fissazione dell’ordine del giorno;
  • coordinamento dei lavori;
  • fornire informazioni adeguate ai consiglieri in merito alle materie iscritte nell’ordine del giorno.

Tale compatibilità può venir meno se, conformemente a quanto previsto dallo statuto della società, il Consiglio di amministrazione delega proprie attribuzioni al Presidente e, in tale contesto, va verificato l’ambito della delega conferita.

  • AMMINISTRATORE UNICO: Con riferimento alla carica di Amministratore unico, l’INPS conferma l’incompatibilità di tale carica con un rapporto di lavoro subordinato, in considerazione del fatto che l’Amministratore unico esprime da solo la volontà della società come anche i poteri di controllo, comando e disciplina. In tal caso, pertanto, non sussiste distinzione tra la posizione di lavoratore in qualità di:
  • organo direttivo della società;
  • esecutore di prestazioni lavorative personali.
  • AMMINISTRATORE DELEGATO: In merito alla carica di Amministratore delegato, l’INPS evidenzia che la compatibilità tra tale carica e lo status di lavoratore subordinato dipende da quanto previsto nella delega conferita dal Consiglio di amministrazione. In particolare, se l’Amministratore delegato è munito di:
  • delega generale (con facoltà di agire senza consenso del Consiglio di amministrazione), la sua carica è incompatibile con un rapporto di lavoro subordinato. In tal caso, nemmeno i controlli di legittimità sostanziale eseguiti sull’amministrazione della società nel suo complesso dal Collegio sindacale possono comprovare l’eterodirezione necessaria a configurare un rapporto di lavoro subordinato;
  • deleghe specifiche e limitate / mero potere di rappresentanza, lo stesso può intrattenere con la medesima società un rapporto di lavoro subordinato. Al fine della valutazione della compatibilità in esame, l’Istituto precisa che rilevano:
  1. i rapporti tra organo delegato / Consiglio di amministrazione;
  2. il numero / pluralità degli Amministratori delegati;
  3. la facoltà di azione congiunta / disgiunta dei delegati;
  4. la presenza di elementi comprovanti il vincolo di subordinazione.
  • SOCIO UNICO: Con riferimento alla figura del socio unico, analogamente a quanto precisato in merito all’Amministratore unico, l’INPS esclude la possibilità di una compatibilità con un rapporto di lavoro subordinato nella stessa società. Tale incompatibilità si fonda sulla mancanza di soggezione del socio unico ad alcun organo societario, in quanto “la concentrazione della proprietà delle azioni nelle mani di una sola persona esclude – nonostante l’esistenza della società come distinto soggetto giuridico – l’effettiva soggezione del socio unico alle direttive di un organo societario”. Analogamente, in capo al socio che assume di fatto l’effettiva / esclusiva titolarità dei poteri di gestione della società non può coesistere lo status di lavoratore subordinato, in quanto non può configurarsi un rapporto di subordinazione lavorativa con la società, mancando una volontà sociale distinta per costituzione / gestione del rapporto di lavoro. L’assunzione di fatto dei poteri di gestione da parte del socio prescinde dalla percentuale del capitale sociale posseduto e dalla formale investitura a componente dell’organo amministrativo della società.

VINCOLO DI SUBORDINAZIONE

Per dimostrare la compatibilità tra la carica di amministratore e lo status di lavoratore dipendente della medesima società è altresì necessario accertare il concreto svolgimento di attività con i caratteri tipici della subordinazione estranee alle funzioni gestorie proprie della carica sociale.

In particolare, va dimostrato in modo certo, nonostante la carica sociale ricoperta, il vincolo di subordinazione che caratterizza il rapporto di lavoro dipendente.

Tale vincolo è caratterizzato dall’assoggettamento del lavoratore al potere direttivo / di controllo / disciplinare dell’organo di amministrazione della società.

L’onere di provare il vincolo di subordinazione, come stabilito dalla Corte di Cassazione grava sul soggetto che intende far valere il rapporto di lavoro subordinato e a tal fine è possibile fare riferimento alla sentenza 3.4.2019, n. 9273.

Nel Messaggio, l’INPS precisa che, ai fini dell’accertamento del rapporto di lavoro subordinato, rilevano altresì i seguenti elementi:

  • periodicità / predeterminazione della retribuzione;
  • osservanza di un orario contrattuale di lavoro;
  • inquadramento in una specifica organizzazione aziendale;
  • assenza di organizzazione imprenditoriale;
  • assenza di rischio in capo al lavoratore;
  • distinzione tra retribuzione e proventi societari.

Tale elenco non è da considerarsi esaustivo, in quanto il vincolo di subordinazione lavorativa può avere molteplici caratteristiche in relazione alla natura / svolgimento delle mansioni.

Pertanto, con particolare riferimento al “lavoro dirigenziale”, l’Istituto evidenzia l’importanza dell’utilizzo anche di criteri complementari, tra cui:

  • assunzione con qualifica di dirigente;
  • conferimento, da parte dell’organo amministrativo nel suo complesso, della carica di direttore generale;
  • cessazione del rapporto mediante licenziamento;
  • coordinamento / assoggettamento alle direttive del datore di lavoro, anche se in forma lieve.

Di conseguenza, come sancito nella sentenza 26.4.2013, n. 18414 dalla Corte di Cassazione, nel caso in cui “non sussista alcuna formalizzazione di un contratto di lavoro subordinato di dirigente e risulti l’esercizio diretto (anzi predominante e fortemente personalizzato) della gestione della società in ragione del rapporto di immedesimazione organica, è evidentemente necessario, al fine di distinguere i due ruoli, un quid pluris (leggasi: caratterizzazione delle mansioni, pur in un contesto di ampi poteri di iniziativa e di discrezionalità; assoggettamento, ancorché in forma attenuata, a direttive, ordini e controlli datoriali; coordinamento dell’attività lavorativa all’assetto organizzativo del datore di lavoro)”.

CONDIZIONI DI COMPATIBILITÀ FORNITE DALL’INPS

Dopo aver analizzato gli elementi di compatibilità / incompatibilità tra la carica di amministratore e lo status di lavoratore subordinato nella medesima società di capitali (quasi interamente di derivazione giurisprudenziale), nel citato Messaggio n. 3359, l’INPS propone una sintesi delle condizioni al sussistere delle quali i due predetti ruoli (amministratore / dipendente) possono coesistere.

Condizioni di compatibilità amministratore/dipendente:

  • Il potere deliberativo (come regolato dall’atto costitutivo / statuto), diretto a formare la volontà dell’ente, deve essere affidato all’organo (collegiale) di amministrazione della società nel suo complesso / altro organo sociale espressione della volontà imprenditoriale che esercita un potere esterno.
  • Va fornita rigorosa prova della sussistenza del vincolo della subordinazione (anche, eventualmente, nella forma attenuata del lavoro dirigenziale) e cioè dell’assoggettamento del lavoratore interessato, nonostante la carica sociale, all’effettivo potere di supremazia gerarchica (potere direttivo, organizzativo, disciplinare, di vigilanza e di controllo) di un altro soggetto ovvero degli altri componenti dell’organismo sociale a cui appartiene.
  • Il soggetto deve concretamente svolgere mansioni estranee al rapporto organico con la società. In particolare, deve trattarsi di attività che esulino e che pertanto non siano ricomprese nei poteri di gestione che discendono dalla carica ricoperta o dalle deleghe che gli siano state conferite.

 

Rif.

Paolo Marraghini – Tel. 0575399428 – e-mail: p.marraghini.consulente@confindustriatoscanasud.it

Laura Caccialupi – Tel. 0575399437 – e-mail: l.caccialupi@confindustriatoscanasud.it