CHIMET FESTEGGIA I 50 ANNI CON 6 MILIARDI DI FATTURATO

( Network Associati )

CHIMET FESTEGGIA I 50 ANNI CON 6 MILIARDI DI FATTURATO

L’azienda occupa il primo posto in Italia nel settore del recupero e dell’affinazione dei metalli preziosi

Un fatturato record, oltre i 6 miliardi, per festeggiare i 50 anni della Chimet, l’azienda che occupa il primo posto in Italia nel settore del recupero e dell’affinazione dei metalli preziosi. L’anno che si è appena concluso è stato caratterizzato dal raggiungimento di importanti risultati economici e investimenti orientati alla sostenibilità per l’azienda di Badia al Pino, in provincia di Arezzo. Temi, quelli dell’economia circolare e della sostenibilità, che caratterizzano l’attività dell’impresa, il cui nome deriva dall’acronimo di “Chimica Metallurgica Toscana”, fin da quando fu fondata nel 1974 da Sergio Squarcialupi e Vasco Morandi insieme alle famiglie Gori e Zucchi. «La storia della Chimet nasce per risolvere un problema dell’industria orafa — spiega l’amministratore delegato Luca Benvenuti — cioè quello di non perdere metalli preziosi durante la lavorazione. Le aziende orafe hanno sempre cercato di recuperarli ovunque, dalle suole delle scarpe alle divise degli operai, dagli oggetti usati per lucidare i gioielli ai filtri per l’aspirazione. La Chimet ha origine da un reparto della più grande azienda orafa del distretto, Unoaerre; fu enucleata per creare una realtà che fosse al servizio del distretto orafo. E un’attività che si pone proprio agli albori del principio di economia circolare: recuperare da qualsiasi cosa, trasformare scarti in prodotti puri». Una realtà che oltre a specializzarsi nell’affinazione e il recupero dei metalli provenienti dalle lavorazioni dell’oreficeria, si è inserita anche nel settore degli scarti elettronici e nella produzione e commercio di sali galvanici, catalizzatori e paste serigrafiche. Un lavoro che ha permesso a Chimet di consolidare un patrimonio di oltre 420 milioni di curo. L’azienda conta oggi tre stabilimenti, due nell’aretino e uno a Vicenza, con oltre 150 dipendenti diretti. Importante anche il peso dell’export, che oscilla tra il 30 e il 40% del fatturato. «Siamo in tutto il mondo — evidenzia l’ad — L’export è una parte importante del nostro fatturato, abbiamo una capacità tecnologica che ci viene riconosciuta ovunque e ci consente di essere molto forti anche all’estero». Una crescita che però deve fare i conti con le norme nazionali: «Ci muoviamo in un contesto complesso da un punto di vista normativo — aggiunge — essendo un’azienda che tratta rifiuti, anche se parliamo di metalli preziosi. Siamo i più grandi in Italia ma l’incerto quadro normativo e autorizzativo nazionale pesa quando andiamo a confrontarci con l’estero, dove si sviluppano molto più velocemente». Chimet però guarda avanti e si proietta verso un 2025 in cui sarà previsto un piano di investimenti orientati soprattutto all’alta tecnologia e all’attenzione verso le “materie prime critiche”, cioè metalli come platino, palladio, iridio e rutenio. «Dobbiamo andare oltre la logica di “avere le miniere rende ricco un Paese” — afferma Benvenuti — quello che conta è avere la tecnologia e una filiera di raffinazione rispettosa dell’ambiente che ci affranchi dalla dipendenza da altri paesi. L’oro rimane il nostro core business, ma puntiamo molto su tutti gli elementi del gruppo del platino e sul rame, metalli che servono per lo sviluppo tecnologico e che non hanno sostituti in natura. Abbiamo una filiera certificata, non prendiamo più oro dalle miniere perché era diventato troppo complicato verificare che avessero un ciclo sostenibile e non ci fosse sfruttamento dei lavoratori e dell’ambiente circostante». Un ulteriore investimento, infine, interesserà l’ampliamento degli impianti fotovoltaici: «Ne abbiamo già nei nostri stabilimenti ma puntiamo ad aumentarli — prosegue — Recuperiamo energia dal calore che produciamo e le nostre acque vengono reimmesse in un ciclo integrato».

In allegato l’articolo pubblicato su La Repubblica Firenze del 20 gennaio 2025.

Rif. Luisa Angioloni – Tel. 0575399442 – e-mail: l.angioloni@confindustriatoscanasud.it